Il cashmere è certamente tra le lane più note ed utilizzate al mondo. Si ricava dal sottopelo della Capra Hircus che vive nelle zone montuose dell’Asia meridionale, sugli altipiani tibetani, nella regione dell’Himalaya e principalmente in Mongolia, ma anche in zone come Iran, Russia, Afghanistan, Turchia e India.
Si narra che Marco Polo abbia scoperto nel XIII secolo, all’interno di alcune grotte in Mongolia, delle rappresentazioni di capre selvatiche addomesticate dall’uomo. È dunque probabile che, già in tempi molto lontani, dei pastori abbiano allevato queste capre capaci di fornire una lana particolarmente calda.
Per proteggersi dai rigori del clima, queste capre possiedono due manti: uno superficiale, formato da peli grossolani detto “giarre”, e uno più vicino al corpo, composto da una lanugine corta, sottile e molto calda, detta “duvet”. A primavera, i pastori tagliano prima i crini esterni con le forbici e poi raccolgono la parte più fine con appositi pettini dai denti lunghi. Le fibre dei due manti della capra vengono quindi separate, perché solo il duvet costituisce il cashmere propriamente detto.
La lana dell’alpaca, è invece più rara del cashmere. Tuttavia è 7 volte più calda che la lana di pecora e 3 volte più resistente e molto più morbida e leggera. Questa fibra setosa, morbida e resistente possiede delle proprietà termiche uniche grazie alle tasche di aria microscopiche che la compongono. Queste tasche permettono al corpo di respirare, pur mantenendo costante la temperatura corporea.
Esistono 2 razze di alpaca, la razza Suri e la razza Huacaya. La razza Suri è più pregiata della razza Huacaya perché la sua fibra è liscia e finissima, brillante a tal punto da assomigliare alla seta, ma la razza Suri è in percentuale solo 1% della popolazione mondiale di Alpaca.
A seconda dell’età un alpaca può produrre da 3 a 6 kg di lana all’anno, per cui in 30 anni di vita ne produce circa 120 kg. La tosatura può essere effettuata ogni anno in primavera, prima dell’estate.
L’aumento della richiesta di lana di cashmere ha inoltre avuto come conseguenza l’aumento del numero di allevamenti di tali capre che a sua volta ha spinto i prezzi e la qualità verso il basso. Gli allevatori hanno iniziato a incrociare le mandrie e, come risultato, le capre producono più lana, ma la fibra è più corta e grossolana. I tessuti non solo perdono la morbidezza, ma sono anche più propensi a fare pilling. Come se non bastasse molti produttori mescolano le fibre di cashmere con filati, spesso sintetici, per aumentare la morbidezza del capo e abbassare ulteriormente il prezzo.
L’allevamento crescente di capre Hircus è diventato dannoso per l’ambiente. I loro zoccoli affilati distruggono erbe e piante vicino al terreno. Pascolano le piante vicino alle loro radici distruggendole. È un animale che sia adatta facilmente, per questo è stata introdotta in diversi territori alieni alla zona d’origine, causando gravi danni agli ecosistemi: infatti la specie è stata inserita nell’elenco delle 100 tra le più invasive e dannose al mondo.
L’alpaca, invece, è un animale che non arreca danno al territorio in quanto bruca l’erba senza danneggiare le radici e i cuscinetti che ricoprono gli zoccoli permettono all’animale di camminare sul terreno senza comprometterne l’integrità. Infine gli alpaca consumano meno acqua delle capre e crescono abbastanza lana per quattro o cinque maglioni in un anno. Secondo il Consiglio nazionale per la difesa delle risorse, quattro capre impiegano lo stesso tempo per produrre un cashmere sufficiente per un singolo maglione.
Un maglione realizzato in lana di baby alpaca, in quanto a morbidezza e forza, vince sul cashmere. Le fibre di cashmere sono lunghe quattro centimetri, mentre quelle di alpaca misurano tra otto e dodici centimetri. Ciò si traduce che gli indumenti fatti in fibra di alpaca sono più resistenti, dunque duraturi e meno soggetti a fare i pallini.
Al momento dell’acquisto di un prodotto in lana è quindi consigliabile scegliere un capo che possa durare nel tempo e che abbia anche un risvolto ecosostenibile sia per gli animali coinvolti che per l’ambiente. Vogliamo quindi ricordarvi che i capi di Inkanti sono al 100% in lana di baby alpaca, ottenuto e trattato in maniera etica ed ecosostenibile.
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